Levante, Bianco, Max Casacci, Manuel Agnelli, Vittorio Cosa, Paola Turci, Morgan, Faso, Perturbazione. Sono solo alcune delle collaborazioni all’attivo di Giovanni – Giuvazza Maggiore, chitarrista e produttore torinese, socio Doc dal 2012 e da anni al fianco di Eugenio Finardi, per il quale è autore e chitarrista. Nel 2017, tra una colonna sonora e un po’ di sound design in ambito pubblicitario e cinematografico, ha pubblicato il suo primo album da solista dal titolo “Nudisti al sole” (Ef Sounds/Cardio). Lo abbiamo raggiunto, virtualmente, per chiedergli come sta vivendo questa quarantena e che futuro si immagina per i lavoratori dello spettacolo.
La diffusione del Coronavirus sta paralizzando il mondo. Premesso che l’emergenza sanitaria è una priorità assoluta, ci sono settori professionali in ginocchio. Insieme al turismo, lo spettacolo è sicuramente in cima alla lista. Come stai vivendo questa quarantena e quali prospettive ci sono per il settore dal tuo punto di vista?
Sto vivendo la quarantena a Torino, nella casa dei miei genitori. Io vivo a Rimini, ma nelle tre settimane precedenti alla quarantena ero tra Torino e Milano per lavoro. Sono lontano dai miei strumenti e dal mio studio, ma vicino agli affetti più cari. Le prospettive che riesco a vedere sono molte ma astratte: un momento di difficoltà può tramutarsi in occasioni nuove e creative, ma certamente metabolizzare questo periodo è molto faticoso. Quello che so, è che dovendo rinunciare al nostro “ordinario”, dovremmo operarci unicamente in atti “straordinari” che possano aiutarci a dare un senso propositivo a tutto questo.
Quale tra i media è più funzionale in questo momento per veicolare le richieste dei lavoratori dello spettacolo? Sei social addicted?
I social sono sicuramente un luogo di condivisione e anche di informazione. Con il giusto filtro possono essere una risorsa per fare rete. Sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto ci sta accadendo è necessario, anche perché chi non è un addetto ai lavori difficilmente sa come funziona il nostro mondo.
Sospesa l’attività live, come stai sfruttando questo tempo?
Essendo lontano dal mio studio, ho con me solo il computer portatile e, nell’attesa di poter chiudere diverse produzioni, sto approfittando di queste settimane per studiare sia in ambito tecnico (daw, software e sound effects) che in ambito di formazione. Una casa di produzione video con la quale lavoro ha deciso di sfruttare questo momento per creare video corsi di formazione e, insieme a loro, ne sto preparando uno sulla produzione di colonne sonore.
Se potessi fare una richiesta diretta al governo per sostenere tecnici e musicisti, cosa chiederesti?
Vorrei che la percezione delle realtà professionali fosse completa, senza esclusioni. Vorrei che si annullasse quel paradosso per il quale tutti amano le arti dello spettacolo, senza però riuscire pienamente a reputarle un lavoro. La nostra è una libera professione da inventarsi quotidianamente dove l’intrattenimento, in ogni sua forma, è solo la punta dell’iceberg.
E il futuro? Come lo vedi?
Temo che la convivenza con la paura durerà più del virus stesso, ma spero di sbagliarmi. Al momento faccio fatica ad avere una prospettiva chiara. Ad ogni modo, credo che questo periodo storico segnerà un cambiamento in termini di veicolazione dello spettacolo. La quarantena ha fatto scoprire a tutti nuove piattaforme di intrattenimento (dirette streaming, ecc. ecc.) con le quali, anche in futuro, il mondo dello spettacolo dovrà confrontarsi. Spero che questa esperienza ci ispiri nuovi codici d’espressione sia in termini creativi che di comunicazione.