Sono circa
200.000 i lavoratori dello spettacolo esclusi dal DL 18/2020 “Cura Italia”, mentre sta per raggiungere quota
40.000 la
petizione promossa dalla Fondazione Centro Studi Doc. Sono numeri importanti che denunciano un vuoto sempre più preoccupante per un settore in ginocchio ormai da più di un mese, a causa della pandemia di Covid-19.
Se una parte di lavoratori autonomi può contare sul sostegno una tantum di 600 euro per il mese di marzo, i lavoratori dipendenti e intermittenti dello spettacolo “a chiamata” vedono sfumare, un decreto dopo l’altro, la possibilità di avere riconosciuti i propri diritti. Solo oggi la Lombardia ha approvato la cassa integrazione in deroga per gli intermittenti, considerando i 12 mesi precedenti, prima della Lombardia solo la Puglia il 20 marzo. Un risultato importantissimo, che speriamo possa ispirare le altre regioni. Ci siamo fatti chiarire la situazione, in continuo divenire, da Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione Centro Studi Doc.
Nell’art. 38 del DL 18/2020, altresì detto “Cura Italia”, sono chiarite le indennità per i lavoratori dello spettacolo. Cosa succede ai lavoratori intermittenti?
L’art. 38 del DL 18/2020 dà diritto a un’indennità di 600 euro esentasse per il mese di marzo ai lavoratori dello spettacolo che hanno lavorato almeno 30 giornate in gestione ex-Enpals e con un reddito inferiore a 50.000 euro nel 2019. Ma esplicita chiaramente che non devono avere un trattamento pensionistico diretto né un rapporto di lavoro dipendente. Ciò significa che i lavoratori intermittenti che erano dipendenti a quella data non possono avere accesso all’indennità una tantum a cui si riferisce il decreto. Inoltre, a causa del divieto di licenziamento per 60 giorni, se hanno un contratto in essere di cui non è prevista la cessazione in questo periodo, non possono nemmeno avere accesso alla disoccupazione Naspi.
Anche se i lavoratori intermittenti dello spettacolo hanno sempre pagato i contributi e anche il Fondo d’Integrazione Salariale (FIS), ovvero l’aiuto al reddito messo a disposizione dall’Inps per alcune categorie di lavoratori che non hanno accesso alla Cassa integrazione (FIS), la Fondazione Centro Studi Doc afferma che non hanno accesso ad alcuna indennità con certezza. Come mai?
Il FIS è un’indennità che viene calcolata dall’Inps sulla base delle retribuzioni che sarebbero state perse nel periodo in cui ci si trova senza lavoro, quindi nelle settimane successive. Si tratta di un calcolo difficile da fare per un settore nel quale i lavoratori non hanno più avuto chiamate dal 24 febbraio in poi. Con l’annullamento degli eventi i lavoratori non sono più stati chiamati a lavorare, ciò significa che non è possibile calcolare l’importo di quanto è stato perso e quindi non c’è nemmeno modo di calcolare l’indennità.
Allora come è possibile per questi lavoratori avere accesso a un’indennità?
Proprio per questo la Fondazione Centro Studi Doc chiede che i lavoratori intermittenti possano accedere alla Cassa integrazione in deroga, perché essa è invece un’indennità che può essere riferita allo storico delle giornate lavorate, invece che al lavoro perso nel futuro. Secondo l’art. 22 del DL 18/2020 “Cura Italia” sono le Regioni che devono deliberare in merito. Per ora solo Puglia, Veneto, Emilia-Romagna e proprio oggi la Lombardia hanno deliberato che alla Cassa integrazione in deroga possono avere accesso anche i lavoratori intermittenti. Il problema è che la Cassa integrazione in deroga è al momento calcolata, per prassi Inps, in riferimento agli ultimi 3 mesi di lavoro. Tale scelta è molto discriminante, perché per attività stagionali come spettacolo e turismo, i tre mesi precedenti, soprattutto se invernali, non sono rappresentativi del lavoro effettivamente perso. Per questo chiediamo al Governo di introdurre un emendamento che impatti sulle scelte delle Regioni. In particolare, chiediamo che all’art. 22 del D.L. Cura Italia dopo il comma 2 venga inserita questa previsione: “I lavoratori intermittenti accedono alla cassa in deroga sulla base della media delle giornate lavorate negli ultimi 12 mesi”. La Lombardia e la Puglia al momento sono le uniche regioni che hanno utilizzato il criterio dei 12 mesi.
Che altre richieste avete fatto?
Abbiamo anche richiesto di far sì che anche i lavoratori dello spettacolo possano avere accesso all’indennità di malattia senza il requisito dei 100 giorni di lavoro dal 1° gennaio dell’anno precedente. L’art. 26 c. 1 del D.L. 18/2020 prevede che i lavoratori in quarantena per coronavirus hanno diritto all’indennità di malattia. Riteniamo necessario e giusto che anche i lavoratori dello spettacolo possano avere indennità di malattia e quarantena come tutti gli altri lavoratori. Per questo abbiamo chiesto che all’art. 26 del D.L. Cura Italia al comma 1 sia inserita questa previsione: “I lavoratori dello spettacolo, anche stagionali con pagamento diretto dell’INPS, possono accedere alla indennità di malattia e quarantena per tutti i giorni di prescrizione, senza il requisito delle 100 giornate di contribuzione dal 1° gennaio dell’anno precedente”.
A chi avete inviato queste richieste?
Abbiamo già inviato questo appello e i precedenti ai Ministri Dario Franceschini, Nunzia Catalfo e Stefano Patuanelli e al Presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Il Gabinetto del MISE ci ha già risposto comunicandoci che ha condiviso le nostre istanze con il Ministero del lavoro. Inoltre, siamo in costante dialogo con parlamentari, sindacati e associazioni di categoria, che condividono e portano avanti le nostre richieste a loro volta. L’appello al momento è anche sostenuto da quasi 40.000 firmatari e da oltre 160 imprese e organizzazioni del settore.
Riassumendo: indennità Covid-19 di 600 euro
Con il messaggio n. 1288 del 2020 l’INPS fornisce una prima sintesi delle cinque indennità previste per il solo mese di marzo 2020, a favore di particolari categorie di lavoratori autonomi, parasubordinati e subordinati. Si tratta di 600 euro netti esentasse, che non possono essere riconosciuti ai percettori di reddito di cittadinanza.
A chi spetta?
- Liberi professionisti e Co-Co-Co non titolari di un trattamento pensionistico diretto e senza obblighi di altre forme previdenziali. Restano esclusi quindi i giornalisti e tutti gli altri professionisti con casse previdenziali autonome.
- Lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Assicurazione generale obbligatoria: artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri.
- Lavoratori stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato il rapporto di lavoro nell’arco temporale che va dal 1° gennaio 2019 al 17 marzo 2020.
- Lavoratori agricoli, purché con almeno 50 giornate di effettivo lavoro agricolo dipendente e non titolati di pensione.
- Lavoratori dello spettacolo iscritti al Fondo pensioni dello spettacolo, con i seguenti requisiti: almeno 30 contribuiti giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, che abbiano prodotto nel medesimo anno un reddito non superiore a 50.000 €, non titolari di un trattamento pensionistico, né di rapporto di lavoro dipendente al 17 marzo 2020. Restano esclusi quindi tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli intermittenti.
Il Governo sta lavorando a un possibile rifinanziamento della misura in un secondo decreto legge (da emanarsi ad aprile), che dovrebbe avvalersi delle risorse stanziate dall’Europa.
Per maggior informazioni, consultare la sezione dedicata all’emergenza Covid-19 sul sito della Fondazione Centro Studi Doc: http://www.centrostudidoc.org/category/coronavirus-e-provvedimenti-per-lo-spettacolo/