Non c’è festival di Sanremo che si rispetti senza polemiche. Quest’anno è stata la volta delle donne. Prima le uscite poco felici di Amadeus sul famoso “passo indietro”, poi Junior Kelly. Ma in tutto questo, c’è un panorama musicale a due velocità sulla questione femminile. Una questione che non dovrebbe neanche porsi, perché in effetti, il genere non dovrebbe essere una categoria sulla base della quale escludere o includere chicchessia. Tra Sanremo e Primo Maggio, comunque, ci sono rassegne interamente dedicate alle donne e alla canzone d’autore – mi si perdoni il termine – “al femminile”. Tra queste spicca il Premio Bianca D’Aponte, punto di riferimento e riconoscimento ambito, sostenuto da Doc Servizi, che negli anni ha premiato, tra le altre, Veronica Marchi, Erica Boschiero, Claudia Angelucci, Federica Abbate, Francesca Incudine e, in ultimo, Cristiana Verardo. Ed è proprio con lei, vincitrice dell’edizione 2019, che abbiamo fatto quattro chiacchiere, in vista della sua partecipazione a Sanremo, ospite il 4 febbraio del Festivalino di Anatomia Femminile di Michele Monina e il 5 febbraio di “Sa(n)remo Senza Confini”, la rassegna sanremese curata dalla redazione de L’Isola che non c’era.
Cosa ha significato per te vincere il Premio Bianca D’Aponte?
Già partecipare e arrivare fra le dieci finaliste è stato incredibile, vincerlo poi è stato un onore. Io l’ho sentita anche come una grande responsabilità, tant’è che già dal giorno dopo la vittoria, mi sono messa a lavoro sul nuovo album. Il Bianca D’Aponte è il premio più importante per le cantautrici. Oltre alla professionalità c’è anche un grande spessore umano, contenuti importanti, molta poesia. Mi sentivo a casa. Sono stati giorni intensi, ma anche bellissimi.
“Ti ho portato il mare” è il titolo di una delle tue canzoni. Anche se la canzone parla d’amore, qual è il tuo rapporto con il mare?
Il mare in questo caso è legato all’attimo in cui mi è venuto in mente di scrivere la canzone. Ero a Porto Badisco, una località marittima del Salento, incontaminata, dove l’uomo ha fatto davvero molto poco. Ero con un amico che mi raccontava di una relazione clandestina con una ragazza sposata. Lui le stava scrivendo una canzone e voleva farmela leggere per avere un mio parere. Sono rimasta davvero molto colpita da quella storia e ho deciso di riscriverla. E così è nata la canzone. Un amante, che non può stare vicino all’amata nel quotidiano, né darle nulla, perché vive nell’ombra, decide di portarle, almeno, il mare. Vicino al mare i brutti pensieri si ridimensionano. Il mare ricongiunge, avvicina. Quando lo guardo, mi sento vicina a quello che sta dall’altra parte.
I tuoi testi sono molto poetici. Hai qualche modello di riferimento per la scrittura?
Sinceramente no. Se è vero che siamo ciò che mangiamo, è altrettanto vero che chi scrive è ciò che ascolta, ma detto questo, quando mi accorgo che sto facendo qualcosa che somiglia a qualcun altro, cerco di allontanarmi. Non lo faccio per presunzione, ma perché cerco qualcosa di personale.
Quest’anno uscirà il tuo disco. Puoi anticiparci qualcosa? Che disco sarà?
Lo sto ancora scrivendo ma, sono sincera, sto incontrando parecchie difficoltà. Quando ho iniziato a scrivere canzoni non sapevo che tipo di discorso artistico avrei realizzato. Adesso ho più responsabilità e forse ho perso un po’ di quella leggerezza che avevo all’inizio. Una regola però me la sto dando: dire la verità. Non lasciare le frasi a metà, o raccontare per sentito dire. Voglio scrivere solo quello che ho vissuto o al quale ho assistito direttamente. Dal punto di vista del sound il disco sta prendendo una piega ibrida tra l’acustico e l’elettronico. A me piacciono molto i contrasti. Sto sperimentando che la scrittura tradizionale associata a suoni più attuali, può essere un buon punto di partenza.
Che rapporto hai con i social e quanto pensi influiscano sulla carriera di un musicista, non mainstream?
Io preferirei non esistessero. Mi rendo conto di perdere molto tempo a comunicare così. Mi sarebbe piaciuto vivere poco prima dell’esistenza dei social, mi appesantisce sia utilizzarli, sia subirli. Detto questo, ahimè, sono nata nel 1990 e quindi devo farci i conti. Sono molto essenziale nelle comunicazioni. Detto questo mi rendo conto però che è un mezzo importantissimo.
A Sanremo sarai ospite del Festival di Anatomia Femminile di Michele Monina, un festival nel festival che ha l’obiettivo di promuovere la musica delle cantautrici. Cosa pensi della presenza femminile nel panorama delle rassegne italiane?
Credo che si debbano fare dei distinguo. Ma parlando di Sanremo, credo non ci sia molto da dire. Da 70 anni la direzione artistica viene affidata a un uomo. Questa cosa proprio non mi va giù. Ci sono tante donne all’altezza di quel ruolo e tante realtà di sole donne, come shesaid.so, il festivalino di Michele. E il fatto che non esista un hesaid.so è significativo. Così come certe diciture tipo “trio al femminile”, “la notte rosa”, non hanno un corrispettivo maschile. Mai sentito “stasera si esibirà un trio maschile”. Questa patina va proprio scrollata via dalla nostra cultura.
Sulla polemica Junior Kelly, quindi come ti poni?
Il problema è a monte e prescinde da Junior Kelly. Non è lui il problema. Mi sembra più un’onda che molti hanno cavalcato e un polverone eccessivo, e non certo perché difendo o appoggio i suoi testi. Lui è solo un artista che racconta e scrive nel 2020. Forse la polemica andrebbe fatta su altro. È facile trovare un capro espiatorio unico. Quando la “colpa” è così facile da condannare. Per me rimane sempre più grave che le donne – in Italia, perché all’estero è già diverso – rivestano ruoli minori e che nei ruoli più alti a tutti livelli ci siano sempre e solo uomini.
Domanda sul sud Italia. Cosa manca, se manca qualcosa?
Io sento che le cose stanno cambiando. Vedo addetti ai lavori del sud che hanno la loro credibilità, festival che stanno crescendo, tanti studi di registrazione, persone che si stanno specializzando. Parlo della provincia di Lecce, che è quella che vivo. Tanti artisti producono e non hanno nulla da invidiare ai colleghi del nord. Sta maturando finalmente la coscienza della musica. Il livello sta crescendo. Ci sono pochissime cover band e di contro tanti progetti inediti che nascono da Lecce. Anche i cachet sono dignitosi (sotto un tot non si scende), viene riconosciuto come mestiere. E questo è sintomo che qualcosa sta cambiando.
Quando potremmo vederti dal vivo?
Ci sono delle date in programmazione da marzo in poi. Intanto a febbraio, dopo le due date sanremesi, mi sposterò al sud: il 21 a Catania, il 22 a Ragusa, il 23 a Palermo, il 27 in provincia di Foggia, il 28 a Roma.
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La redazione di Doc Magazine nei prossimi giorni sarà a Sanremo per seguire e intervistare i numerosi soci coinvolti a vario titolo al Festival. Seguiteci sul sito e sui nostri social #sanremo2020 #sanremodoc