Che la situazione sia critica sotto molteplici aspetti è palese. Che al netto dell’emergenza sanitaria, l’economia rischia un contraccolpo (per altro già in corso) pesante, pure. Turismo e cultura i due settori più colpiti in termini economici. Il quotidiano Il Giorno ha stimato che le due settimane di chiusura di cinema e teatri hanno causato entrate mancanti 18 milioni di euro, mentre 4 mila sono i posti di lavoro a rischio.
La Fondazione Centro Studi Doc, all’indomani della chiusura delle scuole nelle tre regioni “rosse” – Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – ha attivato una raccolta di firme destinata al Ministero dei Beni e Attività Culturali chiedendo specifiche tutele per i lavoratori del settore. Una raccolta che sta per raggiungere le 25.000 firme.
Demetrio Chiappa, cosa rischiano i lavoratori dello spettacolo e come si sta muovendo la rete Doc in merito?
I lavoratori dello spettacolo sono le prime vittime della chiusura di teatri e luoghi di eventi e concerti. Si tratta di centinaia di migliaia in tutta italia, che non sono mai stati censiti nella loro globalità, anche perché, per il particolare sistema previdenziale e le carenze di controlli, molti lavorano nel sommerso. Da tempo abbiamo lanciato una campagna denominata “moltiplica la musica” per avere piena contezza di quante realmente siano le persone che vivono di musica e arte. La rete DOC si è dotata della Fondazione Centro Studi DOC per elaborare proposte che siano in grado di risolvere le difficoltà dei propri soci, in particolar modo chiedendo ai ministeri competenti (cultura, lavoro e sviluppo economico) tutele adeguate. I nostri soci sono inquadrati come dipendenti e, in quanto tali, da sempre versano all’erario e agli enti assicurativi e previdenziali tutti gli istituti previsti. Per questo motivo abbiamo richiesto a gran voce che possano aver diritto come tutti i lavoratori di accedere alla Naspi, al FIS (equiparato alla cassa integrazione), alla malattia e a tutte le tutele che sono da sempre diritto di ogni lavoratore. Nello specifico abbiamo chiesto che i lavoratori dello spettacolo possano avere finalmente uno status giuridico specifico, che preveda in primo luogo il riconoscimento delle tutele previdenziali per scongiurare l’abbandono della professione in caso di malattia o difficoltà di settore.
Ma il lavoro nello spettacolo è comunque soggetto al pagamento dei contributi INPS…
Certo. I lavoratori dello spettacolo contribuiscono sia al FIS (Fondo d’Integrazione Salariale in caso di crisi), sia alla disoccupazione (Naspi). L’INPS dispone anche di un cospicuo e milionario fondo ex-Enpals, ma ciononostante per i lavoratori che non sono assunti da fondazioni, cooperative o teatri importanti è quasi impossibile ottenere adeguate prestazioni. Per questo chiediamo che siano riconosciuti con urgenza ai lavoratori dello spettacolo, anche attingendo ai fondi ex-Enpals, protezioni adeguate alla precarietà del settore. Ci tengo a sottolineare che le battaglie che facciamo non vanno a beneficio solo dei nostri soci, ma di tutti i professionisti del settore che hanno scelto la legalità. Sono tanti i gruppi e le associazioni che fino a oggi hanno lavorato in nero o con formule al limite della legalità che adesso chiedono di aderire all’appello per avere quei diritti che fino a ieri avevano snobbato.
Le iniziative a sostegno del settore si stanno moltiplicando, diventando virali su web e social. Cosa funzionerà davvero?
Il governo ha stanziato 7,5 miliardi a sostegno di famiglie e imprese. Il Ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, in conferenza stampa ha ribadito che “nessuno deve perdere il lavoro per il coronavirus”. Quanto è grande il rischio che questo accada nel settore delle imprese culturali e di spettacolo?
Nella rete Doc confluiscono, oltre a musicisti, tecnici e creativi, anche insegnanti. È verosimile pensare che la didattica a distanza funzioni anche per la musica?