È uscito “Cupid’s Catalogue”, il secondo album di inediti di Cecilia, pubblicato da Qui Base Luna. Grazia, dolcezza, passione e talento si mescolano nei brani della raffinata cantautrice e arpista torinese che a 29 anni vanta un curriculum artistico prezioso.
Dopo l’album Guest del 2015 e un tour che l’ha portata in Italia e all’estero, Cecilia presenta un progetto speciale, dedicato alle diverse sfumature dell’amore. Dieci canzoni di un immaginario catalogo di Cupido, che vede tra i protagonisti piante, lune solitarie, piratesse e paesaggi invernali. Atmosfere magiche e fiabesche per un lavoro che realizza armoniosamente la fusione di sonorità antiche e moderne.“Cupid’s Catalogue” è anche un erbario dell’amore: ogni brano è associato a una pianta, un fiore, che per affinità di nome, forma, colore e profumo, rispecchia quel particolare tipo d’amore narrato dalla musica.
Dal 18 gennaio Cecilia è in tour in tutta Italia: sul palco arpa, percussioni e un pittoresco equipaggiamento collaterale formato da strumenti vintage, synth e giochini elettronici. L’abbiamo intervistata:
L’abbiamo intervistata:
Com’è nato Cupid’s Catalogue?
Stavo scrivendo delle canzoni e mi sono resa conto che il leitmotiv era lo strazio amoroso. Ho pensato di raccoglierle in un catalogo dedicato a Cupido e di legarle tra loro. Il fil rouge era proprio l’amore: da quello acerbo, adolescenziale, a quello adulto, maturo, disincantato, passando per il dolore di chi viene abbandonato e l’euforia mista a preoccupazione di chi attende una risposta.
Che significato assume per te l’amore in questo percorso?
Ho sempre pensato di essere bravissima, di avere delle relazioni straordinarie ed equilibrate. E invece mi sono resa conto che non era così. Oggi abbiamo il privilegio di fare dei tentativi, di non avere l’obbligo sociale di fermarci necessariamente al primo amore, di poter approfondire il nostro rapporto con le relazioni, di capire come amiamo, di scegliere. Devo dire che le canzoni sono un buon metodo di autoanalisi: mi sono chiarita le idee su alcuni aspetti e al contempo mi sono scoperta.
E la tua storia d’amore con la musica?
Quella funziona, è unilaterale. Se non funziona è colpa tua. Ho iniziato a suonare l’arpa a 9 anni. Poi mi sono iscritta in conservatorio. A differenza di questo percorso però, ero una ragazzina pigra e monella e non volevo fare la concertista. Ho iniziato a suonare le canzoni che mi piacevano ed è iniziato tutto così.
Perché hai scelto proprio l’arpa?
L’arpa mi ha sempre incantata: trovo che sia completa, affascinante e interessante. Da ragazzina l’ho chiesta insistentemente e non ho mai avuto lo stesso trasporto per altri strumenti.
Quali sono le differenze rispetto all’album precedente?
Guest era nato un po’mio malgrado. Avevo delle canzoni e mi avevano suggerito di raccoglierle in un disco. All’epoca non avevo avuto molte esperienze discografiche e non ero mai entrata in uno studio di registrazione. Cupid’s Catalogue invece è nato da una mia scelta: è un disco interamente suonato, pensato e decisamente più consapevole. Ho studiato un progetto più organico ed evoluto e ho lavorato molto sul songwriting e sulla preparazione.
Quali sono i tuoi modelli musicali?
Sono monomaniacale dal punto di vista musicale. Ho avuto il momento country, condizionata da mia mamma, poi c’è stato il periodo metal perché i metallari all’epoca erano gli unici interessati al fatto che io suonassi l’arpa. Per me è cambiato tutto quando ho scoperto alcune cantautrici, splendide voci femminili che al contempo suonavano uno strumento: PJ Harvey, Tori Amos, Amanda Palmer, Sinead O’Connor, ecc. È stata una sorta di illuminazione perché in quel momento ho trovato dei modelli a cui fare riferimento.
Le tue canzoni sono un’esplosione di atmosfere uniche e poesia. Dove nasce l’ispirazione per creare questa magia?
Molto naturalmente. Di solito da una frase e un pezzettino di musica si sviluppa l’idea per la canzone. Suonando l’arpa, nella semplicità, si trovano soluzioni un po’diverse rispetto alla chitarra o al pianoforte.
In questi anni hai vissuto esperienze artistiche straordinarie in Italia e all’estero. Qual è stata la più significativa?
Domanda difficile! Ho avuto periodi molto intensi, in particolare dopo l’uscita del primo disco. Ho fatto una gavetta di 200 concerti in un anno e mezzo, che in questi quattro anni sono diventati 400. Abbiamo suonato davvero tanto e tutte queste esperienze mi hanno fatto capire che è questo che voglio continuare a fare.
Come hai vissuto l’esperienza di Sanremo con MaxGazzé?
È stata una parentesi divertente. Io ero nella posizione privilegiata del musicista accompagnatore e questa esperienza mi ha permesso di stare all’interno della fiera della canzone per una settimana. La collaborazione con MaxGazzé è nata quasi per caso. A lui serviva un’arpista e si ricordava di me perché ho aperto i concerti di Niccolò Fabi. Mi ha chiamata e ho accettato, è stato un onore.
Ora sei nel pieno del tour. Cosa vorresti che si portassero a casa gli spettatori dei tuoi concerti?
L’arpa è uno strumento antico, che suonavano anche gli egizi. Mi piacerebbe che gli spettatori fossero contenti di aver sentito qualcosa che non è generazionale, di aver scoperto un tipo di musica diverso dal solito.
Le prossime date, in continuo aggiornamento, del Cupid’s Catalogue tour: 6 febbraio (Sulmona, Soulkitchen), 14 febbraio (Chiaravalle, Piccadilly), 23 febbraio (Taranto, Hauskonzerte), 24 febbraio (Altamura, Chianca Unplugged), 1 marzo (Asti, Diavolo Rosso), 7 marzo (Trento, Porteghet), 14 marzo (Milano, Mare Culturale Urbano), 21 marzo (Barbaresco, Campamac), 27 marzo (Bologna, L’Altro Spazio), 28 marzo (Siena, Bottega Roots).