È appena uscito Ban from all areas, l’album di GiaGGio, edito da Freecom e realizzato con il sostegno di Puglia Sounds.
GiaGGio (Claudio Mazzarago) è batterista, percussionista e producer, che negli anni ha attraversato vari stili musicali, passando dallo swing alla fusion, dal prog al grunge, fino al brit pop. Un percorso insolito il suo che, dopo tre tour Europei e uno tra USA e Canada, ha iniziato suonando nei club underground, da Berlino a Parigi, da New York a Toronto e Los Angeles.
“Ban from all areas” è il titolo del progetto nato dall’idea dell’artista di distinguersi dallo stereotipo del producer, del dj che, al di là del suo look, è un contenitore vuoto, che non ha nulla da dire artisticamente. Lo abbiamo intervistato.
Com’è nato questo album?
“Penso che tutti i lavori artistici, che si parli di un disco piuttosto che di un quadro o di un romanzo o semplicemente di uno schizzo su un foglio di carta, nascano a seguito di un’emozione o di una serie di esse. Ban From All Areas è nato così! L’ho tenuto dentro di me per un po’, dando a quelle emozioni la possibilità di maturare, di evolversi e spesso mutare in altro”.
In questo lavoro oltre ai tanti messaggi che lanci, c’è una ricerca per ribaltare lo stereotipo che ruota attorno alla figura del dj. Come intendi portare avanti questa rivoluzione culturale?
“Probabilmente è una partita persa in partenza, ma è importante comunque giocarla! Chiaramente non mi aspetto di diventare il punto di riferimento di un movimento o di una corrente culturale. Non ho questo tipo di velleità. Quello che vorrei invece è lanciare appunto dei messaggi che possano più o meno far riflettere, così come hanno fatto riflettere me. Rimettere al centro le persone, rimettere al centro la musica e l’arte in generale”.
La tua carriera artistica ti ha portato a sperimentare diverse situazioni musicali, attraversando stili differenti. Qual è quello che senti più affine alla tua personalità?
«Credo molto nel “qui ed ora” e nell’evoluzione della persona. Gli interessi cambiano, i gusti cambiano, le sensazioni, le emozioni si evolvono e si modificano nel tempo. Io la trovo una cosa bella! Quindi in questo momento quello che faccio è anche quello che sento più affine a quel me stesso che è qui ed ora».
“In alto i cuori, agitate le braccia, incrociate gli sguardi ed avvicinate i vostri corpi. Giù i cellulari, via le fotocamere e i social. È la musica che ci deve guidare stanotte! Siamo persone reali e siamo qui ADESSO”. Quello di PUT YOUR HANDS UP sembra un invito a vivere pienamente il qui ed ora. Come sei arrivato a sviluppare questa filosofia?
“Sicuramente la vita in qualche modo mi ha portato verso questa filosofia, piuttosto che verso un’altra. Credo nel destino, ovvero nella capacità degli eventi di prendere una strada piuttosto che un’altra, guidati dalle scelte che ogni giorno facciamo”.
Il brano a cui sei più legato in questo album?
“Li amo un po’ tutti come dei figli, credo sia abbastanza scontato. Forse “To the moon and back” è uno di quelli a cui sono più legato. Potrà sembrare strano, essendo un brano solo piano in un disco Electro\Techno, ma è uno dei primi che ho composto e la melodia è nata in un periodo triste e malinconico della mia vita, quindi lo sento particolarmente intenso”.
Il tuo lavoro ti ha portato a girare il mondo, vivendo importanti esperienze artistiche. Qual è stata la più significativa?
“Sicuramente suonare allo Sziget Festival a Budapest. All’epoca il progetto “GiaGGio” non era ancora nato ed ero lì come batterista di una band, ma è li che è nato tutto quello che a distanza di mesi, quasi un anno, mi avrebbe portato a “GiaGGio”. Come dicevo, credo molto nel destino».